sabato 2 giugno 2012

Chapter 24: Italy again: I’d miss few things of you!

Italy, sweet Italy! Vacanze di Pasqua (e questo fa capire quanto sia in ritardo...damn!), una finestra di vacanze da sfruttare per farsi un viaggetto qua nei dintorni...o semplicemente tornare a casa e respirare quell'aria familiare che, inevitabilmente, un po’ ti è mancata in questi primi mesi. Scelgo la seconda opzione, ovviamente. E’ ormai già tutto programmato da tempo: volo con KLM e breve scalo ad Amsterdam. Programmata da tempo anche la sorpresa da fare alla Cleer. Mi sono scritto un foglietto sulla scrivania (dal titolo fake flight), con un finto volo di ritorno, due giorni più tardi. Ogni volta che ne parliamo non indugio nel propinarle qualche dato o orario perfetto inerente il mio arrivo. Pasqua è l’8, torno il 4, lei crede sia a casa non prima del 6. Mi viene da ridere ogni volta ma sono sicuro che sarà una bella sorpresa per lei trovarmi da qualche parte - non ho ancora deciso come e dove - dopo un sacco di tempo distanti. La valigia è fatta quasi completamente qualche giorno prima, devo stare attento a non svuotare troppo la camera e a tacere sul fatto che sto impacchettando tutto. Rischio troppo in una videocall: “Cosa stai facendo?!” mi fa lei - “Ho un sacco di cose da fare per il project, e devo anche finire la valigia!”. Peccato manchino 3 giorni al fake flight... “Valigia? Beh, ma hai ancora tempo...”, e io “Ah, sì, certo...ma sai come sono... non voglio trovarmi all’ultimo... poi dovrò anche trovare una bilancia per pesarla!”. Salvato in corner. Ho già pronta una scusa per la giornata del 4: non ci sentiremo, ho il volo al mattino. Le spiego che saremo impegnati col progettone fino al tardo pomeriggio, e poi cena di gruppo a casa di Mathias. Tutto fila liscio e il mattino di mercoledì arriva in fretta: ho tutto, maglioni pesanti e vestiti da riportare a casa sono in valigia, la bilancia è di nuovo in grouproom dopo aver pesato i miei 21 chilogrammi scarsi, borsone in spalla e si va. Il pullman che mi porterà in aeroporto parte dall’università: una breve discesa e sono là. Orlin mi vuole accompagnare: deve andare anche lui al campus e così decidiamo di partire assieme. Un singolo minuto fuori di casa e già mi accorgo di aver sbagliato scarpe. Altro che Tiger...devo mettermi gli scarponcini Timberland invece di lasciarli qua inutilmente per la primavera! Torno indietro in un attimo, li cambio e in pochi minuti siamo giù. L’autobus arriva dopo 2 minuti... il mio biglietto spiegazzato fa i capricci con l’obliteratrice. L’autista mi scrive data e ora senza troppi problemi e parte in direzione aeroporto. Mi guardo intorno contento di lasciare Aalborg. Contento perché ho bisogno di rivedere tutti, di ritrovare la mia realtà, la mia famiglia, i miei amici, il mio amore. Contento solo perché so che tra qualche giorno, comunque vada, sarò di nuovo qui rinvigorito e ricaricato. Nulla degno di nota durante il viaggio, eccetto vivaci turbolenze appena sopra Aalborg e qualche curiosa attrazione scientifica all’aeroporto di Amsterdam.

Arrivo al Marco Polo, le prime parole di mia mamma: “Si vede che arrivi dal freddo!”. In effetti il mio abbigliamento pesante e i miei scarponcini mal si abbinano alle già tiepide e comunque afose temperature italiane. L’abbraccio è di quelli che raramente ci hanno stretti insieme. Siamo entrambi felici. Il mio piano per sorprendere la Cleer è questo: lei ha ripetizioni nel pomeriggio e confessioni la sera. Mentre lei è in chiesa dovrei andare a casa sua, iniziare una Skype call tra il mio laptop e il suo, lasciare il suo sul tappeto in ingresso e nascondermi in camera sua assicurandomi di avere uno sfondo bianco o comunque non riconoscibile. A quel punto, una volta tornata a casa, lei mi chiederebbe il nesso del suo computer là per terra con una videocall in atto...e dopo aver tergiversato un pochino mi dovrei girare e includere nel background della videochiamata qualcosa di inequivocabile...qualcosa che la faccia correre su per le scale e poi. Ma come posso aspettare fino a stasera?! Sono a casa, mia nonna da casa sua è già con la testa fuori dal davanzale ad aspettarmi. Devono essere almeno 20 minuti che è lì. Passo due secondi rapidi da lei non prima però di aver riabbracciato Lilly. Casa mia, svuoto la valigia. Riassaporo l’atmosfera della mia camera e di quelle quattro pareti che da quando sono nato hanno visto passare pupazzi, giochi, poster del milan e non, calendari d’ogni sorte, cd e tanta tanta fancy stuff. Decido di chiamare Luca, screw the plan. Si fa qualcosa adesso, prima di cena. Lui sta tornando da ping pong, mi dice che è all’inizio di via Luneo. Bene - penso - allora è ancora vicino a casa della Cleer: ho bisogno di lui come complice! Ci troviamo al parcheggio dell’Hollywood, solo là scopro che era arrivato all’altro inizio di via luneo (qualche buon km più in là). E ci troviamo senza la minima idea sul da farsi; in pochi minuti imbastiamo questa sorta di sorpresa. “Tu Luca le suoni, dovrebbe essere a casa...tieni pure su lo zaino così sembra proprio che tu stia tornando da ping pong. Mostrati un po’ affannato e chiedile di entrare e di sederti, così non restate là in ingresso che sennò poi lei dalla porta a vetri vede tutto. Le dici che tornando indietro ti è venuto in mente di chiederle se aveva in mente qualcosa - tipo una sorpresa - per il mio ritorno. Qualcosa da fare in aeroporto dopodomani... insomma tergiversa un pochino e appena entri lasciami il cancello accostato...ah, e inventati una scusa tipo che devi andare a casa per cenare, ché non voglio stare fuori un’ora...”. Detto, fatto. Lascio la macchina qualche decina di metri prima e spio da dietro il muretto la situazione. In due secondi, non appena li vedo voltare l’angolo, sono dentro al giardino. Il cancello cigola clamorosamente - santo cielo, non potrà mica rovinarmi tutto. Mi appiattisco al muro subito di fianco alla porta d’ingresso dove qualche secondo prima mio fratello era entrato. Lascio sull’aia una bandierina danese e un ovetto decorato che ho comprato ad Aalborg. Ho le ginocchia che mi tremano e il fiato corto... mi sembra di rivivere le emozioni delle prime volte, quando ancora ero impacciato e non ci sapevo fare proprio un bel niente. Eccoli, li sento dietro di me, stanno uscendo. Luca sorpassa come niente fosse le due cosucce per terra, la Cleer resta qualche passo indietro, ancora appoggiata alla porta accostata. Pochi centimetri. Continuano a parlare...Ma non se ne accorge?! “Ma...cosa..?!”. Non le lascio pronunciare altre parole, salto fuori da dietro, lei è di spalle...la stringo in un abbraccio che sa quasi di placcaggio rugbistico. Spaventata si gira, esterrefatta si lascia andare. “Cosa ci fai qua?!” - mi dice sbalordita - “non dovevi tornare dopodomani?! ...no, no, adesso mi dovete spiegare!”. Passiamo i minuti successivi a ritrovare quel contatto che tanto ci era mancato. La successiva mezz’ora a realizzare che siamo proprio noi, proprio lì insieme. Poi tocca ai suoi, stupiti e meravigliati anche loro che una cosa del genere sia potuta stare in piedi. Porto a destinazione il vassoio di flødeboller e ci diamo appuntamento a dopo cena.

Capitolo Pasqua: inutile raccontare l’infinità di domande ricevute da parentame, amici, amici di amici e passanti. Le risposte si trovano già in questo blog. E’ comunque bello ritrovare anche l’ambiente parrocchiale, sentire finalmente una messa in italiano, uscire e restare mezz’ora a parlare di come stanno andando le cose con gli amici che mi stanno accogliendo con la stessa passione e felicità del momento in cui ci siamo lasciati. Serata al Boombastic tutti assieme, tavolo di 30 e più persone, insomma...questa è casa!

Gliel’avevo promesso. Quando verrai a Venezia dobbiamo metterci d’accordo che ti faccio da Cicerone...o meglio la Clara ti farà da guida dato che conosce città, locali e posti da visitare molto meglio di me. Così un pomeriggio aspettiamo la Clemen in cima al ponte degli Scalzi - dopo esserci un po’ incasinati tra questo e quello di Calatrava: non si è ancora ambientata. E’ qua a Venezia da un giorno, ospite di un’amica. Arriva da qualche giorno a Milano, ne trascorrerà altri in giro qua al nord. La Clara mi chiede qualche tratto identificativo per riconoscerla. Scherzando le dico che di solito è vestita di verde. Un minuto dopo arriva in t-shirt verde sgargiante la Clementina con ‘sta sua amica. Che strano mi fa vederla qua: è come se fosse l’unico bridge tra le due realtà che sto vivendo. In effetti è l’unica persona presente là con me ad Aalborg ad aver squarciato la parete di queste mie due bolle di sapone. Dovrò trovare un modo per farlo sembrare meno weird. Tutto intendo: alla fine non sono compartimenti stagni quelli che sto vivendo. Non devono esserlo sennò rischio di perdere esperienze ed emozioni danesi, o quantomeno di chiuderle dentro ad un armadio e ritrovarle nostalgicamente una volta all’anno sotto due centimetri di povere. Ma sono discorsi che farò più avanti. Venezia resiste semi serena nonostante le previsioni. Rialto, San Marco, Palazzo Ducale e campo Santa Margherita sono solo alcuni dei punti che tocchiamo nel nostro tour pomeridiano. La Clemen non la smette di fare foto. Cerca souvenir tipici, le consigliamo la murrina dato che è per sua mamma. Finisce per comprare una manciata di collanine con ciondolo di murrina in un negozio sul ponte di Rialto. Assurdo per chiunque, ma non ha voluto sentire ragioni. Ed è tanto gentile da regalarne una alla Cleer come ringraziamento per aver dedicato un pomeriggio a lei. So sweet! Ora di cena: sinceramente il momento che aspettavo almeno da metà pomeriggio a questa parte. Si va al Remèr! Splendido locale davvero caratteristico, il Remèr si sviluppa in un cortile interno accessibile attraverso una stretta calle angolare; questo baccaro di medio alto livello si affaccia su un piccolo spiazzo campiello che dà sul Canal Grande. Dopo le il 17 menù spritz e buffet fa del Remèr una tra i punti di ristoro più rinomati dalla popolazione autoctona. Beh, insomma... tra bruschette, riso ai funghi, pasta al pomodoro e altre specialità tipiche - il tutto accompagnato da uno spritz calibrato - ne siamo usciti sazi di cibo e di una bella giornata.

Ultimi giorni italiani trascorsi in montagna; Le Laite sono sempre in grado di dare un tocco di magia in più a qualsiasi cosa... specialmente a momenti di arrivederci come questo.

Grazie famiglia. Grazie amici. Grazie Luca. Grazie Clara.

Adesso di nuovo Danimarca: Aalborg here I come!


giovedì 3 maggio 2012

Chapter 23: WOFIE [Workshop for Innovation and Entrepreneurship] and surroundings

Avvenimenti inerenti l'esperienza Wofie e dintorni, quattro giorni e tante cose da raccontare. 
Prima lezione dell'anno accademico, una rapprensentate viene a dirci due parole riguardo a questa opportunità di lavorare in gruppo per realizzare qualcosa di innovativo, socialmente utile e creativo. Ci mostra questo video e in meno di 5 minuti ha concluso il suo intervento a dirla tutta poco incisivo. Nonostante tutto la pulce nell'orecchio mi resta per qualche settimana, finché decido di iscrivermi. Lo fanno anche altri: Jon, Francesco, Orlin, Piotr, Maciej... Continuo a ripetermi che non  ci saranno altre occasioni, che sono qua adesso, in questo momento e devo prendere tutto quello che viene, sfruttare ogni possibilità. E' un ragionamento che sta alla base di tante delle scelte che sto facendo qua. Non credo mi ricapiterà di partecipare a qualcosa di simile, senza considerare che poi saranno quattro giorni che mi consentiranno di ampliare le conoscenze, confrontarmi con background diversi e realtà di confronto che si avvicinano nettamente di più con quello che sarà - a quanto dicono - il mondo del lavoro. Compilo il form sul sito web, mille dati come al solito. "Send", dati inviati. Solo dopo mi accorgo che ho sbagliato a scrivere il numero della mia Student Card. Come il numero di matricola insomma. Ma nel badge ce ne sono due, entrambi identificativi, e ovviamente io ho preso quello che non andava bene. Mando un'email pregando di correggere, mi ringraziano il giorno dopo per aver rettificato.
I giorni del Wofie si avvicinano, le lezioni sono sospese per la settimana che ci vede chiamati in causa in questo workshop. "Ohh fuck... Jon, have u seen where are we supposed to attend the Wofie?!", domando qualche giorno prima. Incredulo alla mia risposta "At Norkraft...dammit!", sembra pentirsi amaramente della scelta fatta. Le mattine sono ancora fredde e farsi 5 chilometri in bici appena svegliati non è il migliore dei toccasana. Certo invece contribuisce non poco a quel che si dice "svegliarti fuori" (o meglio svejarte fora). 
Il minestrone dei quattro giorni di Wofie sono un sacco di cose messe insieme. Seguirò il mio brainflow. Non c'è nulla di più scontato per me che arrivare in ritardo al mattino. Alla stazione se devo prendere il treno (che di solito acchiappo al volo e quindi annullo sagacemente il ritardo stesso arrivando a destinazione come quelli che l'hanno aspettato per mezz'ora), ad un appuntamento se non c'è il treno che ricolma il gap, alla AAU se ci vado in bici (d'oh!) e downtown se sto andando al Wofie. Il primo giorno rompe il mio trade: la mia dedizione alla causa mi fa arrivare addirittura qualche minuto prima. Siamo al sesto piano di un palazzo che di piani ne ha 13. Ascensore ovvio, perlomeno per salire. Di sopra ci sono dei fogli appesi ad una vetrata con gli elenchi dei componenti dei gruppi. Appartengo al numero 30, sala "Telescopio". Oltre a quella c'è la Microscopio sempre qua al Norkraft, poi c'è la sede a Copenhagen e quella a Esbjerg. Siamo in cinque il all'inizio, una ragazza molla alla fine del primo giorno giustificando con "problemi al lavoro" un quit presumibilmente dovuto ad incompatibilità femminile con le altre due ragazze del gruppo. Ci buttiamo a capofitto in mezzo alla selva di post-it che ci hanno messo a disposizione e iniziamo a scrivere giù peronali idee su cosa potrebbe essere socialmente migliorabile in questo mondo. Quali sono i problemi? Quali le possibili soluzioni? Si spazia dal problema rifiuti alla questione cibo, dai trasporti all'energia, dall'ecologia alle pari opportunità. Scartiamo le cose frivole e quelle di scarso impatto sull'interesse di una potenziale giuria e finiamo per orientarci su un qualcosa di ancora indefinito. Qualcosa che nasce da un problema concretamente riscontrato da una ragazza del gruppo, Steph e che tocca dal primo momento anche me, Tanja, Henrik e l'altra che non mi ricordo come si chiama actually... Comunque insomma 'sta Steph ha fatto da assistente a tempo pieno ad una ragazza disabile, precisamente spastica, riscontrando che davvero per realtà come la sua il trovare da vestire è un problema non trascurabile. E non si sta parlando semplicemente dell'ostacolo materiale di andare a fare shopping e provare i capi, bensì anche dell'esistenza di vestiti che incontrino le richieste e le necessità delle persone diversamente abili. Soddisfare la propria comprensibile pretesa di vestire secondo gusti, personalità e carattere...perché, diciamocelo, l'apparenza descrive un bel po' la persona e il suo aspetto interiore. Ho tante mie teorie in questo senso, ma credo che il racconto debba andare avanti! Beh, insomma, sulle ceneri di questo braciere nasce FitFashion.
Sono talmente in ritardo con gli aggiornamenti che hanno perfino fatto in tempo a mettere le riprese della nostra presentazione su internet. Scelta condivisa dal gruppo: far parlare le due ragazze e far rispondere alle domande della giuria i ragazzi. Che poi non è andata proprio così, ma insomma...avrò detto sì e no due parole (oltre al nome...che tra l'altro ho detto in simpatico ritardo causa distrazione: stavo tentanto di concepire una disposizione scenica leggermente migliore di quella che si vede nel video...non è possibile coprire un quarto di slide con l'ombra!)! Maledette, solo perché hanno un inglese più fluente e la rispostina a portata di mano... Ecco qua i contenuti:
- Beh innanzitutto il sito dell'esperienza Wofie
- La presentazione finale di FitFashion
- Le domande, QuestionTime
All in all, è stata un'esperienza costruttiva: confrontarsi con cose mai viste, persone sconosciute e fa ribollire in un pentolone comune le migliori idee che ognuno di noi è stato in grado di realizzare...tutto questo è stato senza dubbio occasione di crescita per me. Non mi dilungo oltre perché soffermarmi a raccontare dei vincitori non ha molto senso: la giuria pare aver apprezzato idee più utopiche, fumose e stravaganti che proposte realizzabili. Su tutti il terzo posto di Time2Help: progetto di una rete di trasmettitori tipo cercapersone che richiamano l'attenzione delle persone nel circondario che possiedono altrettanti trasmettitori. Il punto è: "Are you a Hero?". Bene, se non hai niente da fare dalla mattina alla sera allora metti in pratica le tue doti di eroe completando un training che consiste in un gioco per PC o console. Bene, ora sei pronto a salvare vite e non appena qualcuno sarà in difficoltà o in pericolo potrai metterti in gioco e andare a salvare innocenti fanciulle inermi da ladri e rapitori. NGP (no go paròe). Passiamo ai ricchi dintorni che hanno farcito i medesimi giorni!
Bel tempo implica calcio, a quanto pare. Abbiamo giocato a calcio il primo giorno del wofie, appena tornati a casa. Campo enorme, in pendenza e con alberelli in mezzo. Un giardino, in realtà. Doccia, deliziosa sangria pre-barbeque fatta da Charles e la Clemen. Un pentolone - di quelli che per dimensioni ho visto solo alle suore quand'ero in asilo e al campo scuola in mensa - se ne va in un baleno. Il bbq è una figata, abbiamo messo 40 corone a testa e si è mangiato un sacco. Per la cronaca Haiyong ha cucinato patate arancioni e rondelle di banana. Ahahaaha, 'sti cinesi!
Termine del giorno uno con ukulele songs e musica a palla in camera di Charles...topic delle canzoni: Italia vs Spagna. Alla very end del giorno uno in realtà abbiamo aiutato la Clemen a figurarsi out come raggiungere l'Italia, che tappe fare e cosa visitare dato che spenderà i giorni di Pasqua dalle mie parti. Finiamo per metterci d'accordo di trovarci a Venezia!
Secondo giorno di Wofie memorabile per il Kebabbaro del centro. Dopo una capatina da H&M con Francesco (fruttatagli una maglietta con la scritta I AM AWESOME, che avrei preso senz'altro anch'io se non fosse stato per il formato tutt'altro che concorde con il credo di FitFashion: chi diamine ha un busto quadrato? non sarà mica possibile avere un torace tanto largo quanto alto!). Serata imbarazzantemente piena di eventi: andare a giocare a Curling (ultima occasione della stagione) oppure fermarsi in TVroom a guardare l'andata di Milan-Barcelona? Decido di optare per l'aurea mediocritas: se in medio stat virtus mi conviene prendere come indice (preciso e indicatore) la prima parte della serata Curling, e come anulare (fede) il secondo tempo della partita. Ovvio che al centro tra le due cose ci sono io con le mie virtù. Il match si conclude con uno sterile 0-0. Giocare a curling invece è stata proprio un'esperienza che valeva la pena provare. Avevo perfino il giochino sul cellulare... anzi ancora prima, nei mesi d'avvio del canale Sportitalia (quelli in cui non c'era il commento, solo ed esclusivamente immagini degli sport più strani ed estremi praticati sulla faccia della Terra) sono stato intrattenuto più e più volte da partite di Curling risalenti a qualche non ben identificata olimpiade invernale. Beh, poco da dire... giocarci davvero è stracciato!!! Ci hanno fatto indossare una specie di calzare di gomma con la suola perfettamente liscia che va a coprire la scarpa. In pratica se già si scivola normalmente con un paio di scarpe da ginnastica, con quella addosso è come sciare. E la scarpa con cui di solito si scivola a sbrega sul ghiaccio diventa il tuo arto in grado di fare più grip. Gli stones pesano un monte e di conseguenza hanno un'inerzia assurda. Tutto si gioca sulla spinta iniziale dal blocco di partenza, le altre sono solo lievi correzioni. Per il resto, le foto parlano!
Ultimo giorno di Wofie: là a Norkraft fino alle 7. L'atrio dell'ultimo piano è diventato per qualche ora la nostra saletta per rodare la discussione. Qualche piano più sotto una terrazza dà sul fiordo. Io, Cesco e altri ragazzi che raccattiamo su per strada non perdiamo l'occasione per uscire a prendere un po' d'aria. Dove per un po' intendo 40 chilometri all'ora di sventolate effetto lifting provenienti direttamente dal fiordo. Paesaggio e birre free (box di tuborg lasciati là fuori dopo un qualche evento) ripagano completamente la sopportazione di raffiche sempre simpatiche e gioviali. Serata da Yam in Boulevarden e poi Street, come di consueto. E sempre tra Rock Nielsen e Hr. Nielsen, come altrettanto di consueto.

sabato 21 aprile 2012

Chapter 22: Cleaning Day, Enjoy the Nice Life



Sembra quasi paradossale quello che sto per scrivere (a dire il vero con più di qualche settimana di ritardo), lavorare e "passarsela" sono un binomio solitamente non concepibile. Invece a quanto pare qui funziona tutto diverso. Che suona meglio di "funziona tutto diversamente". Oggi è il Cleaning Day al Kollegium, è il momento di dare una bella ripulita anche agli angoli più remoti e alle zone che di rado vedono smaltire l'accumularsi della sporcizia che le vite umane, per loro pura natura, producono copiosa. Embè, mica sono del collegio, io! E' che - me lo sento - today's gonna be awesome! Vado all'AIK a mezzogiorno, un’ora dopo lo start ufficiale considerata la nottataccia che seppur tranquilla si è protratta non poco...sono già tutti indaffarati! 
Già da lontano scorgo i due Kevin appollaiati sulle scale d'emergenza e intenti a detergere meticolosamente i vetri esterni delle finestre camera dopo camera. Richiamo la loro attenzione con un fischio, sembrano non credere ai loro occhi...d'altra parte non è normale farsi avanti per lavorare alla sistemazione di un posto in cui non vivi senza pretendere nulla in cambio. Chiedo ai boss danesi in cosa posso rendermi utile, sembrano non avere le idee molto chiare...così mi attacco a Charles: lui sta pulendo le sedute delle sedie della common area con una spugnetta decisamente inefficace. Credo che anche l'energia nelle sue braccia sie del tutto inappropriata, ma a giudicare dalla sua faccia credo non si possa pretendere uno sforzo maggiore. 
Non è poi così tanto lungo come impiego: in pochi minuti finiamo e ce la filiamo su per le scale esterne coi due spagnoli. Fuori si sta proprio bene, il clima è tiepido, con un filino d'aria che non ci sembra neanche vero. Sentire che finalmente i raggi del sole sono in grado di provocare una sensazione di tepore sulla pelle non ha prezzo. Come non ce l'ha alternarsi a detergere i vetri e parlare del più e del meno (fino ad argomenti come crisi e disoccupazione in Europa O.o ) con uno Spartano (che poi per la verità si è scoperto venire da Salonicco ma essere comunque spartano nei modi) che ci offre un paio di birre. Passano 15 minuti: gli diciamo che puliremo meticolosamente la sua finestra e passiamo oltre... La voglia di lavorare è di quella Spanish Style: una passatina e via, sollevati dalla considerazione che tanto prima o poi ripioverà... 
Completato il giro delle vetrate ci assegnano l'inutile compito di dare una passata alle porte delle camere che danno sulla Common Area. Siamo io e Kevin Sancho in lavanderia a riempire la bacinella. C'è coda: il filtro del rubinetto deve avere uno strato di CaCO3 (calcare) che neanche un ferro da stiro vecchi0 20 anni avrebbe. Da buon ingegnere svito via il filtro, l'acqua ora viene giù scialla. Peccato che sia arancione carico tendente al rosso carminio. Aspettiamo che diventi giallognola e ci accontentiamo...spugnettare qua e là è uno spasso, anche perché ogni tanto finisce che spingendo la porta ti ritrovi dentro alla camera di qualcuno che non conosci... e che di solito ha il buonsenso di ringraziarti per il futile lavoro che stai facendo... Ormai il più è fatto, giochiamo un po' a calcio fuori: qualche passaggio e qualche numero spettacolare infiammano l'attesa per le pizze gentilmente offerte dall’AIK in occasione del cleaning day. Sì perché chi ha pulito adesso si merita una gustosissima pizza danese. Curioso di assaggiarla ne addento una fettazza, il formaggio sfilacciato sopra alla pallida passata di pomodoro è proprio brutto da vedere...ma tutto sommato pensavo questa specie di surrogato facesse più schifo! David, il chairman (un ragazzo di quelli che non diresti mai poter ricoprire il ruolo di presidente, per l'aspetto intendo... ma la cui insofferenza nei confronti di sporco e internazionalità forse è anche adeguata per tenere a freno quella che altrimenti sarebbe una vagonata di matti impazziti!), dice “I think that we have done a great job!”. Sintetico come al solito, 100% poliestere, diritto al punto con la sua consueta faccia inespressiva che non capisci se stia scherzando oppure no. Apparentemente no. 
On the very right: David the Chairman


Si mangia insieme seduti sul prato, il sole ha reso anche l’aria tiepida e per la prima volta si vedono in giro pantaloncini corti. Torno a casa a prendere ukulele e reflex, sarà un pomeriggio di musica e spensieratezza! Suoniamo un sacco, io Charles e Lennie, a dispetto del sole che ci fa un riflesso assurdamente fastidioso sullo schermo del computer con gli accordi. Ad un certo punto qualcuno, non so chi a dire il vero, decide che sarebbe un peccato per noi non sfruttare il parco giochi dell'asilo nido qui di fronte. E così ci concediamo qualche giro sulle strane giostrine danesi, tutte di legno, tutte perfette. Foto spettacolari. Si gioca ancora a calcio e poi a uno strano gioco danese con bastoncini e mattoncini da buttare giù. Sinceramente un po' noioso, comunque io e la Clemen vinciamo meritatamente contro Rico e Luke. Cioè proprio stracciati all'equivalente di un 10-0 a biliardino. Quando si fa più fresco torniamo dentro e gli spagnoli mi spiegano un nuovo gioco di carte (Capitalista). Una delle giornate più belle da quando sono qua, senza ombra di dubbio. Mi ripeto, bella semplicemente per il gusto di stare insieme, perché sono quei momenti di convivialità che fanno da collante e ti restano impressi che non te li scordi più. L'allegria è una cosa semplice, in fondo. And again, Happiness only real when shared. Serata Juve-Inter, non sapevo se scriverlo o meno, ma il primo goal di Del Piero nel nuovo stadio non poteva passare in sordina.
Ah, e oggi per la prima volta ho provato il mate, una specie di tisana uruguagio-spagnola della Clemen. Un po' di acqua bollente alla volta in un guscio pieno di foglioline essiccate e pestate a mo' di tè, una cannuccia con un filtro alla base...e si può andare avanti anche un giorno intero a sorseggiare...