Italy, sweet Italy! Vacanze di Pasqua (e questo fa capire quanto sia in
ritardo...damn!), una finestra di vacanze da sfruttare per farsi un viaggetto
qua nei dintorni...o semplicemente tornare a casa e respirare quell'aria familiare che, inevitabilmente, un po’ ti è mancata in questi primi mesi.
Scelgo la seconda opzione, ovviamente. E’ ormai già tutto programmato da tempo:
volo con KLM e breve scalo ad Amsterdam. Programmata da tempo anche la sorpresa
da fare alla Cleer. Mi sono scritto un foglietto sulla scrivania (dal titolo
fake flight), con un finto volo di ritorno, due giorni più tardi. Ogni volta
che ne parliamo non indugio nel propinarle qualche dato o orario perfetto
inerente il mio arrivo. Pasqua è l’8, torno il 4, lei crede sia a casa non
prima del 6. Mi viene da ridere ogni volta ma sono sicuro che sarà una bella
sorpresa per lei trovarmi da qualche parte - non ho ancora deciso come e dove -
dopo un sacco di tempo distanti. La valigia è fatta quasi completamente qualche
giorno prima, devo stare attento a non svuotare troppo la camera e a tacere sul
fatto che sto impacchettando tutto. Rischio troppo in una videocall: “Cosa stai
facendo?!” mi fa lei - “Ho un sacco di cose da fare per il project, e devo
anche finire la valigia!”. Peccato manchino 3 giorni al fake flight...
“Valigia? Beh, ma hai ancora tempo...”, e io “Ah, sì, certo...ma sai come
sono... non voglio trovarmi all’ultimo... poi dovrò anche trovare una bilancia
per pesarla!”. Salvato in corner. Ho già pronta una scusa per la giornata del
4: non ci sentiremo, ho il volo al mattino. Le spiego che saremo impegnati col
progettone fino al tardo pomeriggio, e poi cena di gruppo a casa di Mathias.
Tutto fila liscio e il mattino di mercoledì arriva in fretta: ho tutto,
maglioni pesanti e vestiti da riportare a casa sono in valigia, la bilancia è
di nuovo in grouproom dopo aver pesato i miei 21 chilogrammi scarsi, borsone in
spalla e si va. Il pullman che mi porterà in aeroporto parte dall’università:
una breve discesa e sono là. Orlin mi vuole accompagnare: deve andare anche lui
al campus e così decidiamo di partire assieme. Un singolo minuto fuori di casa
e già mi accorgo di aver sbagliato scarpe. Altro che Tiger...devo mettermi gli
scarponcini Timberland invece di lasciarli qua inutilmente per la primavera!
Torno indietro in un attimo, li cambio e in pochi minuti siamo giù. L’autobus
arriva dopo 2 minuti... il mio biglietto spiegazzato fa i capricci con
l’obliteratrice. L’autista mi scrive data e ora senza troppi problemi e parte
in direzione aeroporto. Mi guardo intorno contento di lasciare Aalborg.
Contento perché ho bisogno di rivedere tutti, di ritrovare la mia realtà, la
mia famiglia, i miei amici, il mio amore. Contento solo perché so che tra
qualche giorno, comunque vada, sarò di nuovo qui rinvigorito e ricaricato.
Nulla degno di nota durante il viaggio, eccetto vivaci turbolenze appena sopra
Aalborg e qualche curiosa attrazione scientifica all’aeroporto di Amsterdam.
Arrivo al Marco Polo, le prime parole di
mia mamma: “Si vede che arrivi dal freddo!”. In effetti il mio abbigliamento
pesante e i miei scarponcini mal si abbinano alle già tiepide e comunque afose
temperature italiane. L’abbraccio è di quelli che raramente ci hanno stretti
insieme. Siamo entrambi felici. Il mio piano per sorprendere la Cleer è questo:
lei ha ripetizioni nel pomeriggio e confessioni la sera. Mentre lei è in chiesa
dovrei andare a casa sua, iniziare una Skype call tra il mio laptop e il suo,
lasciare il suo sul tappeto in ingresso e nascondermi in camera sua
assicurandomi di avere uno sfondo bianco o comunque non riconoscibile. A quel
punto, una volta tornata a casa, lei mi chiederebbe il nesso del suo computer
là per terra con una videocall in atto...e dopo aver tergiversato un pochino mi
dovrei girare e includere nel background della videochiamata qualcosa di
inequivocabile...qualcosa che la faccia correre su per le scale e poi. Ma come
posso aspettare fino a stasera?! Sono a casa, mia nonna da casa sua è già con
la testa fuori dal davanzale ad aspettarmi. Devono essere almeno 20 minuti che
è lì. Passo due secondi rapidi da lei non prima però di aver riabbracciato
Lilly. Casa mia, svuoto la valigia. Riassaporo l’atmosfera della mia camera e
di quelle quattro pareti che da quando sono nato hanno visto passare pupazzi,
giochi, poster del milan e non, calendari d’ogni sorte, cd e tanta tanta fancy
stuff. Decido di chiamare Luca, screw the plan. Si fa qualcosa adesso, prima di
cena. Lui sta tornando da ping pong, mi dice che è all’inizio di via Luneo.
Bene - penso - allora è ancora vicino a casa della Cleer: ho bisogno di lui
come complice! Ci troviamo al parcheggio dell’Hollywood, solo là scopro che era
arrivato all’altro inizio di via luneo (qualche buon km più in là). E ci
troviamo senza la minima idea sul da farsi; in pochi minuti imbastiamo questa
sorta di sorpresa. “Tu Luca le suoni, dovrebbe essere a casa...tieni pure su lo
zaino così sembra proprio che tu stia tornando da ping pong. Mostrati un po’
affannato e chiedile di entrare e di sederti, così non restate là in ingresso
che sennò poi lei dalla porta a vetri vede tutto. Le dici che tornando indietro
ti è venuto in mente di chiederle se aveva in mente qualcosa - tipo una
sorpresa - per il mio ritorno. Qualcosa da fare in aeroporto dopodomani...
insomma tergiversa un pochino e appena entri lasciami il cancello
accostato...ah, e inventati una scusa tipo che devi andare a casa per cenare,
ché non voglio stare fuori un’ora...”. Detto, fatto. Lascio la macchina qualche
decina di metri prima e spio da dietro il muretto la situazione. In due
secondi, non appena li vedo voltare l’angolo, sono dentro al giardino. Il
cancello cigola clamorosamente - santo cielo, non potrà mica rovinarmi tutto.
Mi appiattisco al muro subito di fianco alla porta d’ingresso dove qualche
secondo prima mio fratello era entrato. Lascio sull’aia una bandierina danese e
un ovetto decorato che ho comprato ad Aalborg. Ho le ginocchia che mi tremano e
il fiato corto... mi sembra di rivivere le emozioni delle prime volte, quando
ancora ero impacciato e non ci sapevo fare proprio un bel niente. Eccoli, li
sento dietro di me, stanno uscendo. Luca sorpassa come niente fosse le due
cosucce per terra, la Cleer resta qualche passo indietro, ancora appoggiata
alla porta accostata. Pochi centimetri. Continuano a parlare...Ma non se ne
accorge?! “Ma...cosa..?!”. Non le lascio pronunciare altre parole, salto fuori
da dietro, lei è di spalle...la stringo in un abbraccio che sa quasi di
placcaggio rugbistico. Spaventata si gira, esterrefatta si lascia andare. “Cosa
ci fai qua?!” - mi dice sbalordita - “non dovevi tornare dopodomani?! ...no,
no, adesso mi dovete spiegare!”. Passiamo i minuti successivi a ritrovare quel
contatto che tanto ci era mancato. La successiva mezz’ora a realizzare che
siamo proprio noi, proprio lì insieme. Poi tocca ai suoi, stupiti e
meravigliati anche loro che una cosa del genere sia potuta stare in piedi.
Porto a destinazione il vassoio di flødeboller e ci
diamo appuntamento a dopo cena.
Capitolo Pasqua:
inutile raccontare l’infinità di domande ricevute da parentame, amici, amici di
amici e passanti. Le risposte si trovano già in questo blog. E’ comunque bello
ritrovare anche l’ambiente parrocchiale, sentire finalmente una messa in
italiano, uscire e restare mezz’ora a parlare di come stanno andando le cose
con gli amici che mi stanno accogliendo con la stessa passione e felicità del
momento in cui ci siamo lasciati. Serata al Boombastic tutti assieme, tavolo di
30 e più persone, insomma...questa è casa!
Gliel’avevo promesso. Quando verrai a
Venezia dobbiamo metterci d’accordo che ti faccio da Cicerone...o meglio la
Clara ti farà da guida dato che conosce città, locali e posti da visitare molto
meglio di me. Così un pomeriggio aspettiamo la Clemen in cima al ponte degli
Scalzi - dopo esserci un po’ incasinati tra questo e quello di Calatrava: non
si è ancora ambientata. E’ qua a Venezia da un giorno, ospite di un’amica.
Arriva da qualche giorno a Milano, ne trascorrerà altri in giro qua al nord. La
Clara mi chiede qualche tratto identificativo per riconoscerla. Scherzando le
dico che di solito è vestita di verde. Un minuto dopo arriva in t-shirt verde
sgargiante la Clementina con ‘sta sua amica. Che strano mi fa vederla qua: è
come se fosse l’unico bridge tra le due realtà che sto vivendo. In effetti è
l’unica persona presente là con me ad Aalborg ad aver squarciato la parete di
queste mie due bolle di sapone. Dovrò trovare un modo per farlo sembrare meno
weird. Tutto intendo: alla fine non sono compartimenti stagni quelli che sto
vivendo. Non devono esserlo sennò rischio di perdere esperienze ed emozioni
danesi, o quantomeno di chiuderle dentro ad un armadio e ritrovarle
nostalgicamente una volta all’anno sotto due centimetri di povere. Ma sono
discorsi che farò più avanti. Venezia resiste semi serena nonostante le
previsioni. Rialto, San Marco, Palazzo Ducale e campo Santa Margherita sono
solo alcuni dei punti che tocchiamo nel nostro tour pomeridiano. La Clemen non
la smette di fare foto. Cerca souvenir tipici, le consigliamo la murrina dato
che è per sua mamma. Finisce per comprare una manciata di collanine con
ciondolo di murrina in un negozio sul ponte di Rialto. Assurdo per chiunque, ma
non ha voluto sentire ragioni. Ed è tanto gentile da regalarne una alla Cleer
come ringraziamento per aver dedicato un pomeriggio a lei. So sweet! Ora di
cena: sinceramente il momento che aspettavo almeno da metà pomeriggio a questa
parte. Si va al Remèr! Splendido locale davvero caratteristico, il Remèr si
sviluppa in un cortile interno accessibile attraverso una stretta calle
angolare; questo baccaro di medio alto livello si affaccia su un piccolo
spiazzo campiello che dà sul Canal Grande. Dopo le il 17 menù spritz e buffet fa
del Remèr una tra i punti di ristoro più rinomati dalla popolazione autoctona.
Beh, insomma... tra bruschette, riso ai funghi, pasta al pomodoro e altre
specialità tipiche - il tutto accompagnato da uno spritz calibrato - ne siamo
usciti sazi di cibo e di una bella giornata.
Ultimi giorni italiani trascorsi in
montagna; Le Laite sono sempre in grado di dare un tocco di magia in più a
qualsiasi cosa... specialmente a momenti di arrivederci come questo.
Grazie
famiglia. Grazie amici. Grazie Luca. Grazie Clara.
Adesso di nuovo Danimarca: Aalborg here I come!